Emil 7
SCOMPARIRE IN DIO
Lo spirito che coltiva la propria essenza distinta è minacciato a ogni piè sospinto dalle cose alle quali si sottrae. Poichè l'attenzione - il maggiore dei suoi privilegi - lo abbandona spesso, cede alle tentazioni che voleva fuggire oppure diviene preda di misteri impuri... Chi non conosce quelle paure, quei fremiti, quelle vertigini che ci accomunano alle bestie, e ci avvicinano alle questioni ultime? Le nostre ginocchia tremano senza piegarsi; le nostre mani si cercano senza giungersi; i nostri occhi si levano verso il cielo e non scorgono nulla... Noi manteniamo questa fierezza verticale che rafforza il nostro coraggio; questo orrore dei gesti che ci preserva dalle dimostrazioni; e ricorriamo alle palpebre per coprire sguardi ridicolmente ineffabili...Stiamo per scivolare ma possiamo evitarlo; il fenomeno è curioso, ma per nulla nuovo: già spunta un sorriso all'orizzonte dei nostri terrori...non cascheremo nella preghiera...Perchè insomma Egli non deve trionfare; sta alla nostra ironia comprendere la sua maiuscola, al nostro cuore dissolvere i brividi che egli dispensa. Se davvero un essere simile esistesse, se le nostre debolezze avessero la meglio sulle nostre risoluzioni e le nostre profondità sulle nostre analisi, perchè allora continuare a pensare, dal momento che le difficoltà sarebbero risolte, gli interrogativi sospesi e gli spaventi placati? Sarebbe troppo facile. Ogni assoluto - personale o astratto - è un modo di eludere i problemi; e non soltanto i problemi, ma anche la loro radice, la quale non è altro che panico dei sensi.
Dio: caduta perpendicolare sul nostro terrore, salvezza che piomba come un fulmine in mezzo alle nostre ricerche che nessuna speranza inganna, annullamento brutale della nostra fierezza sconsolata, e volontariamente inconsolabile, avviamento dell'individuo su un binario morto, disoccupazione dell'anima per mancanza d'inquietudine...Quale maggior rinuncia della fede? è vero che, in sua assenza, ci si inoltra in un'infinità di vicoli ciechi. Ma, pur sapendo che niente può condurre a niente, che l'universo è solo un sottoprodotto della nostra tristezza, perchè dovremmo sacrificare questo piacere di inciampare e di spaccarci la testa contro la terra e il cielo?
Le soluzioni che la nostra viltà ancestrale ci propone sono le peggiori diserzioni al nostro dovere di decenza intellettuale. Sbagliare, vivere e morire ingannati è per l'appunto ciò che fanno gli uomini. Ma esiste una dignità che ci preserva dallo scomparire in Dio e che trasforma tutti i nostri istanti in preghiere che non faremo mai.