Emil 10
LA SUPERBA INUTILITà
All'infuori degli scettici greci e degli imperatori romani della decadenza, tutti gli spiriti paiono asserviti a una vocazione municipale. Essi soltanto si sono emancipati, gli uni con il dubbio, gli altri con la demenza, dalla sciocca ossessione di essere utili. Avendo promosso l'arbitrario al rango di esercizio o di vertigine, a seconda che fossero filosofi o rampolli disincantati degli antichi conquistatori, non erano attaccati a niente: da questo punto di vista ricordano i santi. Ma mentre costoro erano destinati a non crollare mai, quelli invece si trovavano in balìa del loro stesso gioco, padroni e vittime dei propri capricci, veri solitari, poichè la loro solitudine era sterile. Nessuno l'ha presa a esempio, né essi la proponevano; perciò non comunicavano con i loro "simili" se non tramite l'ironia e il terrore...
Essere agenti di dissoluzione di una filosofia o di un impero: si può immaginare fierezza più triste e più maestosa? Uccidere da un lato la verità e dall'altro la grandezza, manie che fanno vivere lo spirito e la comunità; scalzare l'edificio delle lusinghe su cui poggia l'orgoglio del pensatore e del cittadino; piegare, fino a deformarle, le molle della gioia di concepire e di volere; screditare, con le sottigliezze del sarcasmo e del supplizio, le astrazioni tradizionali e i costumi onorevoli - quale effervescenza delicata e selvaggia! Che gusto c'è quando gli dèi non muoiono sotto i nostri occhi? A Roma, dove li si sostituiva, li si importava, dove li si vedeva avvizzire, quale piacere invocare dei fantasmi, pur con l'unica paura che tale sublime volubilità capitolasse davanti all'assalto di qualche severa e impura divinità...Cosa che avvenne.
Non è facile distruggere un idolo: richiede lo stesso tempo che occorre per promuoverlo e adorarlo. Giacchè non basta annientare il suo simbolo materiale, il che è semplice: si devono anche annientare le sue radici nell'anima. Com'è possibile volgere lo sguardo verso le epoche crepuscolari - in cui il passato si dileguava davanti a occhi che solo il vuoto riusciva ad abbagliare - senza essere turbati da quella grande arte che è la morte di una civiltà?
...Ed eccomi quindi a sognare di essere stato uno di quegli schiavi, venuti da un paese improbabile, triste e barbaro, portando con sé, nell'agonia di Roma, una vaga desolazione, abbellita da sofismi greci. Negli occhi vuoti dei busti, negli idoli avviliti da superstizioni in declino, avrei trovato l'oblio dei miei antenati, dei miei gioghi e dei miei rimpianti. Abbracciando la malinconia degli antichi simboli, mi sarei affrancato; avrei condiviso la dignità degli dèi abbandonati, difendendoli dalle croci insidiose, dall'invasione dei servi e dei martiri, e le mie notti avrebbero cercato pace nella demenza e nella dissolutezza dei Cesari. Esperto in disinganni, crivellando con tutte le frecce di una saggezza dissoluta i nuovi fervori - tra le cortigiane, nei lupanari scettici o nei circhi delle crudeltà festose - avrei riempito le mie argomentazioni di vizio e di sangue, per dilatare la logica fino a dimensioni che mai essa aveva sognato, le dimensioni dei mondi che muoiono.