Emil 33



IMMUNITà  DALLA RINUNCIA

Tutto ciò che attiene all'eternità cade inevitabilmente nel luogo comune. Il mondo finisce con l'accettare qualsiasi rivelazione e si rassegna a qualsiasi brivido, purchè se ne sia trovata la formula. L'idea della futilità universale - più dannosa di tutti i flagelli - si è degradata al rango di evidenza: tutti la ammettono e nessuno vi si conforma. Lo spavento di una verità definitiva è stato domato; una volta divenuto ritornello, gli uomini non ci pensano più, perchè hanno imparato a memoria una cosa che, anche solo intravista, dovrebbe trascinarli o verso l'abisso o verso la salvezza. La visione della nullità del Tempo ha fatto nascere i santi e i poeti, e la disperazione di qualche isolato, invaghito di anatemi...
Questa visione non è estranea alle folle: esse dicono continuamente "a che serve?", "che cosa può importare?", "si vedrà di peggio", "più le cose cambiano e più sono le stesse", eppure non accade nulla, non interviene nulla: non un santo, non un poeta di più... Se le folle si uniformassero a una sola di queste solfe, il volto del mondo ne sarebbe trasformato. Ma l'eternità - nata da un pensiero antivitale - non può essere un riflesso umano senza pregiudicare l'esercizio degli atti: essa diventa luogo comune perchè si possa dimenticarla attraverso una ripetizione meccanica. La santità è un'avventura come la poesia. Gli uomini dicono: "Tutto passa" - ma quanti afferrano la portata di questa terrificante banalità? Quanti fuggono la vita, la cantano o la piangono? Chi non è profondamente convinto che tutto è vano? Ma chi osa comportarsi di conseguenza? L'uomo che abbia una vocazione metafisica è più raro di un mostro - eppure ogni uomo contiene virtualmente gli elementi di tale vocazione. A un principe indù è bastato vedere un infermo, un vecchio e un morto per capire tutto; anche noi li vediamo, ma non capiamo niente, giacchè niente cambia nella nostra vita. Non possiamo rinunciare ad alcunchè; eppure le evidenze della vanità sono a portata di mano. Malati di speranza, continuiamo ad aspettare; e la vita non è che l'attesa divenuta ipostasi. Noi aspettiamo tutto - anche il Nulla - pur di non essere ridotti a una sospensione eterna, a una condizione di divinità neutra o di cadavere. Così, il cuore che si è fatto un assioma dell'Irreparabile spera ancora che esso gli riservi delle sorprese. L'umanità vive amorosamente negli avvenimenti che la negano...