Emil 44


IN UNA DELLE MANSARDE DELLA TERRA

"Ho sognato primavere lontane, un sole che non illuminasse altro che la schiuma dei flutti e l'oblio della mia nascita, un sole nemico della terra e di quel mare di trovare ovunque soltanto il desiderio di essere altrove. La sorte terrena, chi mai ce l'ha inflitta, incantenandoci a questa materia tetra, lacrima pietrificata contro la quale i nostri pianti - nati dal tempo - si infrangono, mentre essa, immemoriale, è caduta dal primo fremito di Dio?

"Ho detestato i mezzogiorni e le mezzenotti del pianeta, ho vagheggiato un mondo senza clima, senza le ore e senza la paura che le dilata, ho odiato i sospiri dei mortali sotto la massa dei secoli. Dov'è l'istante senza fine e senza desiderio, e quel vuoto primordiale, insensibile ai presentimenti delle cadute e della vita? ho cercato la geografia del Nulla, dei mari sconosciuti, e un altro sole - incontaminato dallo scandalo dei raggi fecondi -, ho cercato il dondolio di un oceano scettico in cui annegassero gli assiomi e le isole, l'immenso liquido narcotico e dolce e stanco del sapere.

"Questa terra è un peccato del Creatore! Ma io non voglio più espiare le colpe degli altri. Voglio guarire dalla mia nascita in un'agonia fuori dei continenti, in un deserto fluido, in un naufragio impersonale."