Emil 43
IL TRADITORE MODELLO
Poichè la vita può compiersi soltanto nell'individuazione - questo fondamento ultimo della solitudine -, ogni essere è necessariamente solo per il fatto che è un individuo. Eppure non tutti gli individui sono soli a uno stesso modo e con una stessa intensità: ognuno si colloca a un grado diverso nella gerarchia della solitudine; a quello estremo sta il traditore: egli spinge la sua qualità di individuo fino all'esasperazione. In questo senso, Giuda è l'essere più solo nella storia del Cristianesimo, ma non lo è affatto in quella della solitudine. Egli ha soltanto tradito un dio; ha saputo che cosa ha tradito; ha consegnato qualcuno, come tanti altri consegnano qualcosa - una patria o altri pretesti più o meno collettivi. Il tradimento che si rivolge a un oggetto preciso, dovesse pur comportare il disonore o la morte, non è misterioso: si ha sempre l'immagine di ciò che si è voluto distruggere; la colpevolezza è chiara, che la si ammetta o la si neghi. Gli altri vi respingono: e voi vi rassegnate all'ergastolo o alla ghigliottina...
Ma esiste un modo ben più complesso di tradire, senza riferimento immediato, senza rapporto con un oggetto o con una persona: quello di abbandonare tutto senza che si sappia che cosa rappresenti questo tutto, isolarsi dal proprio ambiente, respingere - con un divorzio metafisico - la sostanza di cui siete fatti, che vi circonda e vi porta.
Chi, e per quale sfida, può affrontare l'esistenza impunemente? Chi, e con quali sforzi, può arrivare all'eliminazione del principio stesso del proprio respiro? Eppure, la volontà di minare il fondamento di tutto ciò che esiste produce un desiderio di efficienza negativa, potente e inefferrabile, come un sentore di rimorso che corrompa la giovane vitalità di una speranza...
Quando si è tradito l'essere, ci si porta dietro soltanto un disagio indefinito, dato che nessuna immagine viene a sostenere con la sua precisione l'oggetto che suscita la sensazione di infamia. Nessuno vi scaglia la pietra; siete cittadini rispettabili come prima; godete degli onori della comunità, della considerazione dei vostri simili; le leggi vi proteggono; siete stimabili come chiunque altro - eppure nessuno vede che state vivendo in anticipo i vostri funerali, e che la morte non può aggiungere niente alla vostra condizione irrimediabilmente definita. Il fatto è che il traditore dell'esistenza non deve render conto ad altri che a se stesso. E a chi mai dovrebbe? Se non screditate né uomini né istituzioni, non correte alcun rischio; nessuna legge difende il Reale, ma tutte vi puniscono per il benché minimo pregiudizio recato alle sue apparenze. Voi avete il diritto di scalzare l'essere stesso, ma non un essere; vi è lecito demolire le basi di ciò che è, ma vi attende la prigionia o la morte al minimo attentato alle forze individuali. Niente garantisce l'Esistenza: non vi è procedura contro i traditori metafisici, contro i Buddha che rifiutano la salvezza, dato che costoro sono giudicati traditori soltanto della propria vita. Eppure, di tutti i malfattori, sono questi i più nocivi: non attaccano i frutti, attaccano la linfa, la linfa stessa dell'universo. La loro punizione, la conoscono soltanto loro...
Può darsi che in ogni traditore vi sia una sete di obbrobio, e che la sua scelta di un dato modo di tradire dipende dal grado di solitudine a cui egli aspira. Chi non ha mai provato il desiderio di perpetrare un misfatto incomparabile, che lo escluda dal novero degli esseri umani? Chi non ha agognato l'ignominia, allo scopo di recidere per sempre i vincoli che lo legavano agli altri, di subire una condanna senza appello e giungere così alla quiete dell'abisso? E quando si rompe con l'universo, non è forse per la pace di un errore irremissibile? Un Giuda con l'anima di Buddha: quale modello per un'umanità futura e agonizzante!