Emil 46
I DOGMI INCONSCI
Noi siamo in grado di penetrare l'errore di un essere umano, di svelargli l'inanità dei suoi disegni e delle sue iniziative; ma come strapparlo al suo accanimento nel tempo, poichè nasconde un fanatismo inveterato quanto i suoi istinti, antico quanto i suoi pregiudizi? Noi ci portiamo dentro - come un tesoro irrecusabile - un cumulo di convizioni e di certezze indegne. E anche chi riesce a sbarazzarsene e a vincerle rimane - nel deserto della sua lucidità -
ancora un fanatico: di se stesso, della propria esistenza; ha fatto appassire tutte le sue ossessioni, ma non il terreno in cui sbocciano; ha perduto tutti i suoi punti fermi, ma non la fermezza da cui hanno origine. La vita ha dogmi più immutabili della teologia, poiché ogni esistenza è ancorata a infallibilità che fanno impallidire le elucubrazioni della demenza o della fede. Lo scettico stesso, innamorato dei propri dubbi, si rivela un fanatico dello scetticismo. L'uomo è l'essere dogmatico per eccellenza;e i suoi dogmi sono tanto più profondi perchè non li formula, perchè li ignora e li segue.
Noi tutti crediamo a molte più cose di quanto non pensiamo, alberghiamo intolleranze, coltiviamo prevenzioni sanguinose e, difendendo le nostre idee con mezzi estremi, percorriamo il mondo come fortezze ambulanti e irrefragabili. Ognuno è per se stesso un dogma supremo; nessuna teologia protegge il proprio dio come noi proteggiamo il nostro io; e se assediamo di dubbi questo io e lo mettiamo in discussione, è solo per una falsa eleganza del nostro orgoglio: la causa è vinta in anticipo.
Come sfuggire all'assoluto di se stessi? Si dovrebbe immaginare un essere privo di istinti, che non portasse alcun nome e a cui fosse ignota la propria immagine. Ma nel mondo tutto ci rinvia le nostre fattezze; e persino la notte non è mai tanto fitta da non permettere che ci si specchi in essa. Troppo presenti a noi stessi, la nostra inesistenza prima della nascita e dopo la morte non influisce su di noi se non in quanto idea, e solo per qualche istante; noi sentiamo la febbre della nostra durata come un'eternità che si altera ma che resta inesauribile nel suo principio.
Colui che non si adora deve ancora nascere. Tutto ciò che vive si ama - altrimenti, da dove verrebbe lo spavento che imperversa nelle profondità e sulle superfici della vita? Ognuno rappresenta ai propri occhi il solo punto fermo dell'universo. E se qualcuno muore per un'idea, è perchè essa è la sua idea, e la sua idea è la sua vita.
Non c'è critica della ragione che possa svegliare l'uomo dal suo "sonno dogmatico". Potrà far vacillare le certezze irriflesse che abbondano nella filosofia e sostituire alle affermazioni rigide proposizioni più flessibili, ma come riuscirà, con un procedimento razionale, a scuotere la creatura, assopita sui propri dogmi, senza farla perire?