Emil 121
I RETROSCENA DI UN'OSSESSIONE
L'idea del nulla non è la prerogativa dell'umanità laboriosa: coloro che faticano non hanno né il tempo né la voglia di pesare la loro polvere; si rassegnano alle durezze o alle stupidità della sorte; sperano: la speranza è una virtù da schiavi.
Sono i vanitosi, i fatui e le civette che, temendo i capelli bianchi, le rughe e i rantoli, riempiono il loro vuoto quotidiano con l'immagine della loro carogna: essi si amano e si disperano; i loro pensieri volteggiano fra lo specchio e il cimitero, e scoprono nei tratti minacciati del loro volto verità importanti quanto quelle delle religioni. Ogni metafisica incomincia con un'angoscia del corpo, che diventa in seguito universale: sicché gli inquieti per frivolezza prefigurano gli spiriti autenticamente tormentati. L'ozioso superficiale, ossessionato dallo spettro della vecchiaia, è più vicino a Pascal, a Bossuet o a Chateaubriand di quanto non lo sia un dotto incurante di sé. Un tocco di genio nella vanità: eccovi il grande orgoglioso, che si adatta male alla morte e la prende come un'offesa personale. Buddha stesso, superiore a tutti i saggi, non fu altro che un fatuo su scala divina. Scoprì la morte, la sua morte, e, ferito, rinunciò a tutto e impose la sua rinuncia agli altri. Così, le sofferenze più terribili e più inutili nascono da quell'orgoglio piagato che, per far fronte al Nulla, lo trasforma, per vendetta, in Legge.