Emil 16
LE DOMENICHE DELLA VITA
Se i pomeriggi domenicali si protraessero per mesi, dove andrebbe a finire l'umanità, emancipata dal sudore, libera dal peso della prima maledizione? L'esperimento varrebbe la pena d'esser fatto. Con ogni probabilità il crimine diverebbe l'unico svago, la dissolutezza parrebbe candore, l'urlo melodia e il sogghigno tenerezza. La sensazione dell'immensità del tempo farebbe di ogni secondo un supplizio intollerabile, una cornice da esecuzione capitale. Nei cuori pervasi di poesia si insedierebbero un cannibalismo annoiato e una tristezza da iena; i macellai e i carnefici morirebbero di languore, le chiese e i bordelli risuonerebbero di sospiri. L'universo trasformato in pomeriggio domenicale: è la definizione della noia - e la fine dell'universo...
Togliete la maledizione sospesa sopra la Storia: questa si annulla subito, così come l'esistenza, nella vacanza assoluta, svela la propria finzione. Il lavoro costruito nel nulla crea e consolida miti; ebbrezza elementare, esso suscita e mantiene la fede nella "realtà"; ma la contemplazione della pura esistenza, contemplazione indipendente da gesti e da oggetti, assimila soltanto ciò che non è...
Gli sfaccendati afferrano più cose e sono più profondi degli indaffarati. nessun compito limita il loro orizzonte; nati in un'eterna domenica, essi guardano - e si guardano guardare. La pigrizia è uno scetticismo fisiologico, il dubbio della carne. In un mondo ebbro di ozio, soltanto loro non sarebbero assassini. Ma essi non fanno parte dell'umanità e, poichè il sudore non è il loro forte, vivono senza subire le conseguenze della Vita e del Peccato. Non facendo né il bene né il male, disdegnano - spettatori dell'epilessia umana - le settimane del tempo, gli sforzi che asfissiano la coscienza. Che cosa potrebbero temere dal prolungarsi illimitato di certi pomeriggi se non il rimpianto di aver sostenuto evidenze palesamente elementari? Allora l'esasperazione nel vero potrebbe indurli a imitare gli altri e a cedere alla avvilente tentazione del lavoro. Questo è il pericolo che incombe sulla pigrizia - miracolosa sopravvivenza del paradiso.
(L'unica funzione dell'amore è quella di aiutarci a sopportare i pomeriggi domenicali, crudeli e incommensurabili, che ci feriscono per il resto della settimana - e per l'eternità.
Senza l'impulso dello spasmo ancestrale, ci occorerebbero mille occhi per lacrime nascoste, oppure unghie da rosicchiare, unghie chilometriche...Come amazzare altrimenti un tempo che non scorre più? In queste domeniche interminabili il male d'essere si manifesta pienamente. A volte riusciamo a dimenticare noi stessi in qualche cosa; ma come fare a dimenticare noi stessi proprio nel mondo? Tale impossibilità è la definizione di quel male. Chi ne è colpito non guarirà mai, nemmeno se l'universo cambiasse completamente. Solo il suo cuore dovrebbe cambiare, ma esso è immutabile; sicchè, per lui, esistere ha un unico senso: immergersi nella sofferenza - fino a che l'esercizio di una quotidiana nirvanizzazione non lo innalzi alla percezione dell'irrealtà...)