L'ANIMALE INDIRETTO
è una vera e propria disfatta quella a cui si arriva quando si pensa continuamente, con un'ossessività radicale, che l'uomo esiste, che è quello che è - e non può essere altro. Ma quello che è viene dichiarato da mille definizioni senza che nessuna si imponga: più sono arbitrarie, più sembrano efficaci. L'assurdità più alata e la banalità più greve gli si addicono egualmente. L'infinità dei suoi attributi compone l'essere più impreciso che si possa concepire. Mentre le bestie vanno direttamente allo scopo, lui si perde in giri e rigiri; è l'animale indiretto per eccellenza . I Suoi improbabili riflessi - dall'allentamento dei quali deriva la coscienza - lo trasformano in un convalescente che aspira alla malattia. Niente è sano in lui se non il fatto di esserlo stato. Che sia un angelo che ha perduto le ali o una scimmia che ha perduto il pelo, non è potuto emergere dall'anonimato delle creature se non grazie alle eclissi della propria salute. Il suo sangue mal composto ha permesso all'infiltrarsi di incertezze, il delinearsi di problemi; la sua vitalità mal disposta, l'intrusione di punti interrogativi e di segni di stupore. Come definire il virus che, minando la sua sonnolenza, lo ha condannato alle veglie in mezzo all'assopimento delle creature? Quale verme si è impadronito del suo riposo, quale agente primitivo della conoscenza lo ha obbligato a ritardare gli atti, a frenare le voglie? Chi ha introdotto il primo languore nella sua ferocia? Uscito dal brulichio degli altri esseri viventi, si è creato una confusione più sottile, ha sfruttato minuziosamente i mali di una vita strappata a se stessa. Da tutto quello che ha intrapreso per guarirsi da solo si è originata una malattia più strana: la sua "civiltà" non è che lo sforzo di trovare la medicina adatta a uno stato incurabile - e desiderato. Lo spirito avvizzisce all'approssimarsi della salute: l'uomo è invalido - o non è.
Quando, dopo aver pensato a tutto, pensa a se stesso - giacchè a ciò arriva solo il tramite dell'universo, e come all'ultimo problema da porsi - . Rimane sorpreso e confuso. Ma alla natura che si incanaglia eternamente nella salute continua a preferire il proprio fallimento.
(Da Adamo in poi ogni sforzo degli uomini ha mirato a modificare l'uomo. Gli intenti riformatori e pedagogici, esercitati a spese dei dati irriducibili, snaturano il pensiero e ne alterano il movimento. La conoscenza non ha nemico più accanito dell'istinto educatore, ottimista e virulento, a cui i filosofi non possono sfuggire: come potrebbero i loro sistemi esserne indenni? Fuorchè l'Irrimediabile, tutto è falso: falsa quella civiltà che vuole combatterlo, false le verità di cui essa si arma.
A eccezione degli scettici antichi e dei moralisti francesi, sarebbe difficile citare un solo pensatore le cui teorie, segretamente o esplicitamente, non tendano a modellare l'uomo. Ma questi rimane inalterato, nonostante abbia seguito la serie di nobili precetti proposti alla sua curiosità, offerti al suo ardore e al suo smarrimento. Mentre tutti gli esseri hanno il loro posto nella natura, lui resta una creatura metafisicamente errante, perduta nella Vita, incongrua nella Creazione. Alla storia nessuno è mai riuscito a trovare uno scopo plausibile; ma tutti ne hanno proposti, ed è un pullulare di scopi così divergenti e bislacchi che l'idea di finalità ne è annullata e si riduce a irrisorio articolo dello spirito. Ognuno subisce di persona quella unità di disastro che è il fenomeno uomo. E l'unico senso del tempo è di molteplicare queste unità, di accrescere indefinitamente queste sofferenze verticali che si reggono su un briciola di materia, sull'orgoglio di un nome e su una solitudine senza appello).