Emil 24
APOTEOSI DEL VAGO
Si potrebbe cogliere l'essenza dei popoli - anco più che quella degli individui - nel modo con cui essi partecipano al vago. Le evidenze in cui vivono svelano soltanto il loro carattere transitorio, i loro contorni, le loro apparenze.
Ciò che un popolo può esprimere ha soltanto un valore storico: è la sua nascita nel divenire. Ma ciò che non può esprimere, il suo fallimento nell'eterno,è la sete infruttuosa di se stesso: poichè il suo sforzo di esaurirsi nell'espressione è destinato all'impotenza, esso vi sopperisce con certe parole - allusioni all'indicibile...
Quante volte, nelle nostre peregrinazioni fuori dall'intelletto, abbiamo acquietato i nostri turbamenti all'ombra di quei Sehnsucht, yearning, saudade, frutti sonori nati per cuori troppo maturi! Solleviamo il velo di queste parole: nascondono forse uno stesso contenuto? è possibile che lo stesso significato viva e muoia nelle ramificazioni verbali di un ceppo di indefinito? è concepibile che popoli così diversi fra loro provino nostalgia allo stesso modo?
Chi si arrovellasse per trovare le formule del male della lontananza, diverebbe vittima di un'architettura mal costruita. Per risalire all'origine di queste espressioni del vago, bisogna praticare una regressione affettiva verso la loro essenza, annegare nell'ineffabile e uscirne con i concetti a brandelli. Una volta perduti la sicurezza teorica e l'orgoglio dell'intellegibile, si può cercare di capire tutto, di capire tutto per se stessi. Allora si arriva a gioire dell'inesprimibile, a passare i propri giorni ai margini del comprensibile e a crogiolarsi nella periferia del sublime.
Per sfuggire alla sterilità bisogna dispiegarsi alle soglie della ragione...Vivere nell'attesa, in ciò che non è ancora, significa accettare lo squilibrio stimolante che l'idea di avvenire presuppone. Ogni nostalgia è un superamento del presente. Anche sotto la forma del rimpianto, essa assume un carattere dinamico: si vuole forzare il passato, agire retroattivamente, protestare contro l'irreversibile. La vita non acquista contenuto se non nella violazione del tempo. L'ossessione dell'altrove è l'impossibilità dell'istante; e questa impossibilità è la nostalgia stessa.
Che i francesi si siano rifiutati di provare e soprattutto di coltivare l'imperfezione dell'indefinito è certamente un segno rivelatore. In forma collettiva, questo male non esiste in Francia: il cafard non possiede qualità metafisica e la noia è singolarmente padroneggiata. I francesi respingono ogni compiacimento nei confronti del Possibile; la loro stessa lingua esclude ogni complicità con i suoi pericoli. C'è un altro popolo che si trovi più a suo agio nel mondo, un popolo per il quale l'espressione a casa propria abbia più senso e più peso, per il quale l'immanenza offra maggiori attrattive?
Per desiderare qualcosa di fondamentalmente altro, bisogna essere disinvestiti dello spazio e del tempo, e vivere in una scarsissima affinità con il luogo e con il momento. Il che spiega perchè la storia della Francia offra così poche discontinuità; è questa fedeltà alla propria essenza a lusingare la nostra tendenza alla perfezione e a deludere quel bisogno di incompiuto che una visione tragica implica. L'unica cosa contagiosa in Francia è la lucidità, l'orrore di essere ingannati, di essere vittime di checchessia. Per questo un francese non accetta l'avventura se non in piena coscienza; egli vuole essere ingannato; si benda gli occhi; l'eroismo inconsapevole gli sembra giustamente una mancanza di gusto, un sacrificio inelegante. Ma l'equivoco brutale della vita esige che predomini a ogni istante l'impulso, e non la volontà, di essere cadaveri, di essere giocati metafisicamente.
Se i francesi hanno caricato di troppa chiarezza la nostalgia, se le hanno tolto certe seduzioni intime e dannose, la Sehnsucht, al contrario, esaurisce ciò che vi è di insolubile nei conflitti dell'anima tedesca, divisa fra la Heimat e l'Infinito.
Come potrebbe trovar pace? Da un lato, la volontà di essere immersi nella comunione del cuore e del suolo; dall'altro, quella di assorbire continuamente lo spazio in un desiderio inappagato. E poiché lo spazio non ha limiti, e con esso aumenta la propensione per i vagabondaggi, lo scopo arretra via via che si avanza. Da qui il gusto esotico, la passione per i viaggi, il piacere del paesaggio in quanto tale, la mancanza di forma interiore, la profondità tortuosa, seducente e ripugnante nello stesso tempo. Non c'è soluzione alla tensione fra la Heimat e l'Infinito; ciò significa essere radicati e sradicati a un tempo, non aver potuto trovare un compromesso tra il focolare e la lontananza. L'imperialismo, costante funesta nella sua essenza ultima, non è forse la traduzione politica e volgarmente concreta della Sehnsucht?
Non si insisterà mai abbastanza sulle conseguenze storiche di certe approssimazioni interiori. Una di queste è appunto la nostalgia: essa ci impedisce di riposare nell'esistenza o nell'assoluto, ci obbliga a fluttuare nell'indistinto, a perdere le nostre basi, a vivere alla scoperto nel tempo.
Essere strappati al suolo, esiliati nella durata, recisi dalle proprie radici immediate, equivale a desiderare una reintegrazione nelle fonti originarie, anteriori alla separazione e alla lacerazione. La nostalgia è appunto il sentirsi eternamente lontani da casa; e, fuori dalle dimensioni luminose della Noia e dalla postulazione contraddittoria dell'Infinito e della Heimat, essa assume la forma del ritorno verso il finito, verso l'immediato, verso un richiamo terrestre e materno. Al pari dello spirito, il cuore si fabbrica utopie: e a più strana di tutte è quella di un universo natale, in cui ci si riposa di se stessi - cuscino cosmico di tutte le nostre stanchezze.
Nell'aspirazione nostalgica non si desidera qualcosa di palpabile, bensì una sorta di calore astratto, eterogeneo al tempo e affine a un presentimento paradisiaco. Tutto ciò che non accetta l'esistenza in quanto tale confina con la teologia. La nostalgia non è altro che una teologia sentimentale in cui l'Assoluto è costruito con gli elementi del desiderio, in cui Dio è l'Indeterminatezza elaborata dal languore.