Emil 23



IL PENSIERO INTERIETTIVO

L'idea di infinito dev'essere nata in un giorno di rilassamento in cui un vago languore si è infiltrato nella geometria, così come il primo atto di conoscenza deve essersi verificato quando, nel silenzio dei riflessi, un brivido macabro ha isolato la percezione del suo oggetto. Quante avversioni o nostalgie abbiamo dovuto accumulare per risvegliarci alle fine soli, tragicamente superiori all'evidenza! Un sospiro dimenticato ci ha fatto fare un passo fuori dall'immediato; una stanchezza banale ci ha allontanti da un paesaggio o da una persona; gemiti diffusi ci hanno separati dalle innocenze dolci o timorose. L'insieme di queste distanze accidentali costituisce - bilancio dei nostri giorni e delle nostre notti - lo scarto che ci distingue dal mondo, e che lo spirito si sforza di ridurre e di ricondurre alle nostre fragili proporzioni. Ma l'opera di ogni prostrazione si fa sentire: dove andare a cercare altra materia sotto i nostri passi?
All'inizio pensiamo per evadere dalle cose; poi, quando ci siamo spinti troppo oltre, per perderci nel rimpianto della nostra evasione...Ed è per questo che i nostri concetti si concatenano come sospiri dissimulati, ogni riflessione funge da interiezione, e una tonalità querula sommerge la dignità della logica. Tinte funebri offuscano  le idee, intrusioni del cimitero nei paragrafi, tanfo di marcio nei precetti, ultimo giorno d'autunno in un cristallo intemporale... Lo spirito è inerme contro i miasmi che lo assalgono, perchè questi sprigionano dal luogo più corrotto che ci sia fra la terra e il cielo, dal luogo dove la follia alberga nella tenerezza, cloaca di utopie e verminaio di sogni: la nostra anima. E quand'anche potessimo mutare le leggi dell'universo o prevederne i capricci, essa ci soggiogherebbe con le sue miserie, con il principio della sua rovina. Un'anima che non sia perduta? Se ci fosse, sarebbe da mettere a verbale, perchè la scienza, la santità e la commedia se ne impadroniscano!