Emil 36



DAL SANTO AL CINICO

La beffa ha abbassato al rango di pretesto ogni cosa, tranne il Sole e la Speranza, tranne le due condizioni della vita: l'astro del mondo e l'astro del cuore, l'uno splendente, l'altro invisibile. Uno scheletro che si riscaldasse al sole e che sperasse sarebbe più vigoroso di un Ercole disperato e stanco della luce; un essere totalmente permeabile alla Speranza sarebbe più potente di Dio e più vivo della Vita. Macbeth, "aweary of the sun", è l'ultima delle creature, dato che la vera morte non è la putredine, ma il disgusto per qualsiasi irradiazione, la ripulsa per tutto ciò che è germe, per tutto ciò che sboccia sotto il calore dell'illusione.
L'uomo ha profanato le cose che nascono e muoiono sotto il sole, ma non il sole; le cose che nascono e muoiono nella speranza, ma non la speranza. Non avendo avuto il coraggio di andare oltre, egli ha imposto dei limiti al proprio cinismo. Ma un cinico che si proclami coerente di fatto lo è solo a parole; i suoi gesti lo rendono il più contraddittorio degli esseri: nessuno potrebbe vivere dopo aver decimato le proprie superstizioni. Per arrivare al cinismo totale occorrerebbe uno sforzo inverso a quello della santità, e almeno altrettanto considerevole; oppure immaginare un santo che, giunto all'apice della purificazione, scoprisse la vanità della pena che si è dato - e la ridicolaggine di Dio...
Un simile mostro di chiaroveggenza cambierebbe i dati della vita: avrebbe la forza e l'autorità di mettere in discussione le condizioni stesse della propria esistenza; non rischierebbe più di contraddirsi; nessuna debolezza umana smorzerebbe più il suo ardire; e avendo perduto il rispetto religioso che, nostro malgrado, portiamo alle ultime illusioni, si farebbe gioco del proprio cuore e del sole...