Emil 40
VOLGENDO LE SPALLE AL TEMPO
Ieri, oggi, domani, sono categorie a uso dei servi. Per l'ozioso insediati sontuosamente nella Sconsolatezza e afflitto da ogni istante che scorre, passato, presente, futuro non sono altro che parvenze variabili di uno stesso male, identico nella sostanza, inesorabile nel suo insinuarsi e monotono nel suo persistere. E questo male è coestensivo all'essere, è l'essere stesso.
Fui, sono, sarò sono una questione di grammatica e non di esistenza. Il destino - in quanto carnevale temporale - si presta alla coniugazione ma, una volta che sia stato privato delle sue maschere, si rivela immobile e nudo quanto un epitaffio. Com'è possibile attribuire più importanza al tempo presente che a quello passato o futuro? L'equivoco in cui vivono i servi - e qualsiasi uomo aderisca al tempo è un servo - rappresenta un vero stato di grazia, un oscuramento incantato; e questo equivoco - come un velo soprannaturale - occulta la perdizione alla quale è esposto ogni atto generato dal desiderio. Ma per l'ozioso disingannato, il semplice fatto di vivere, il vivere esente da ogni fare, è una fatica così estenuante che sopportare l'esistenza qual è gli sembra un mestiere ingrato, una carriere sfibrante - e ogni gesto supplementare impraticabile e irrilevante.