Emil 48
IL RINNEGATO
Si rammenta di essere nato da qualche parte, di aver creduto agli inganni nativi, di aver proposto princìpi e vantato idiozie appassionate. Ne ha vergogna, e si accanisce ad abiurare il suo passato, le sue patrie reali o sognate, le verità scaturite dalle sue midolla. Non troverà pace se non dopo aver annientato in sé l'ultimo riflesso del cittadino e gli entusiasmi ereditati. Come possono la consuetudine del cuore tenerlo ancora incatenato, quando vuole emanciparsi dalle genealogie e quando l'ideale stesso del saggio antico, spregiatore di tutte le città, gli pare un compromesso? Colui che non può più prendere partito, perchè tutti gli uomini hanno necessariamente ragione e torto, perchè tutto è giustificato e irragionevole al tempo stesso, dovrebbe rinunciare al proprio nome, calpestare la propria identità e ricominciare una vita nuova nell'impassibilità o nella disperazione. Oppure inventarsi un altro tipo di solitudine, emigrare nel vuoto, preseguire - seguendo il variare degli esili - le tappe dello sradicamento. Libero da tutti i pregiudizi, egli diventa l'uomo inutilizzabile per eccellenza, a cui nessuno si appella e che nessuno teme, perchè egli ammette e ripudia ogni cosa con lo stesso distacco. Meno pericoloso di un insetto distratto, è però un flagello per la Vita, giacché essa è scomparsa dal suo vocabolario, insieme ai sette giorni della Creazione. E la Vita lo perdonerebbe, se almeno prendesse gusto al Caos in cui essa ha esordito. Ma lui rinnega le origini febbrili, a cominciare dalla propria, e del mondo conserva solo una memoria fredda e un rimpianto educato.
(Di rinnegamento in rinnegamento, la sua esistenza si assottiglia: più vago e più irreale di un sillogismo di sospiri, come potrebbe essere ancora fatto di carne? Esangue, egli rivaleggia con l'Idea; si è astratto dai suoi avi, dagli amici, e da tutte le anime e da se stesso; nelle sue vene, un tempo turbolente, riposa la luce di un altro mondo. Emancipato da ciò che ha vissuto, incurante di ciò che vivrà, egli abbatte le pietre miliari di tutte le strade e si svelle dai segnali di tutti i tempi. "Non mi incontrerò mai più con me stesso", pensa, felice di rivolgere il suo ultimo odio contro di sé, e ancor più felice di annientare - nel suo perdono - gli esseri e le cose).