Emil 56
TRIPLICE APORIA
Lo spirito scopre l'Identità; l'anima, la Noia; il corpo, la Pigrizia. è uno stesso principio di invariabilità espresso diversamente sotto le tre forme dello sbadiglio universale.
La monotonia dell'esistenza giustifica la tesi razionalistica; essa ci risvela un universo legale, in cui tutto è previsto e regolato; la sua armonia non è mai turbata dalla barbarie di una qualche sorpresa.
Se lo stesso spirito scopre la Contraddizione, la stessa anima il Delirio, lo stesso corpo la Frenesia, è per generare irrealtà nuove, per sfuggire a un universo troppo palesemente eguale; e la tesi antirazionalistica è quella vincente. Il fiorire delle assurdità svela un'esistenza davanti alla quale qualsiasi lucidità di visione appare di una povertà ridicola. è l'aggressione perpetua dell'Imprevedibile.
Tra queste due tendenze, l'uomo dispiega il proprio equivoco: non trovando il suo posto nella vita, e neanche nell'Idea, si crede predestinato all'Arbitrario; e invece la sua ebbrezza di essere libero non è che un dimenarsi dentro una fatalità, poiché la forma del suo destino non è meno regolata di quella di un sonetto o di un astro.
COSMOGONIA DEL DESIDERIO
Avendo vissuto e verificato tutti gli argomenti contro la vita, l'ho privata dei suoi sapori e, avvoltolato nella sua feccia, ne ho percepito lo squallore. Ho conosciuto la metafisica postsessuale, il vuoto dell'universo creato invano, e questa dissipazione di sudore che vi immerge in un freddo immemoriale, anteriore ai furori della materia. E ho voluto essere fedele al mio sapere, costringere gli istinti ad assopirsi, e ho constatato che non serve a niente maneggiare le armi del nulla se non si possono rivolgere contro se stessi. Giacchè l'irruzione dei desideri, in mezzo alle nostre conoscenze che li invalidano, crea un conflitto temibile fra il nostro spirito nemico della Creazione e il fondo irrazionale che a essa ci ricollega.
Ogni desiderio umilia l'insieme delle nostre verità, e ci obbliga a riconsiderare le nostre negazioni. Noi subiamo una disfatta pratica; eppure i nostri principi restano inalterabili... Speravamo di non essere più i figli di questo mondo, ed eccoci sottoposti agli appetiti come degli asceti equivoci, padroni del tempo e asserviti alle ghiandole. Ma questo gioco è senza fine: ogni nostro desiderio ricrea il mondo e ogni nostro pensiero lo annienta... Nella vita di tutti i giorni si alternano la cosmogonia e l'apocalisse: creatori e demolitori quotidiani, pratichiamo su scala infinitesimale i miti eterni; e ogni nostro istante riproduce e prefigura il destino di seme e di cenere attribuito all'Infinito.
INTERPRETAZIONE DEGLI ATTI
Nessuno farebbe il minimo atto se non avesse la persuasione che quell'atto è la sola e unica realtà. Tale accecamento è la base assoluta, il principio indiscutibile di tutto ciò che è. Colui che lo discute dimostra soltanto che egli esiste meno, e che il dubbio ha minato il suo vigore... Ma, anche in mezzo ai suoi dubbi, deve sentire l'importanza dell'essersi avviato verso la negazione. La consapevolezza che nulla vale la pena diventa implicitamente una convinzione, dunque una possibilità di atto; e questo perchè anche un briciolo di esistenza presuppone una fede inconfessata; un semplice passo - fosse pure verso una parvenza di realtà - è un'apostasia nei confronti del nulla; il respiro stesso deriva da un fanatismo in embrione, così come qualsiasi partecipazione al movimento...
Dalla flanerie al massacro, l'uomo percorre la gamma degli atti soltanto perchè non ne percepisce il nonsenso: tutto quello che viene fatto sulla terra permana da un'illusione di pienezza nel vuoto, da un mistero del Nulla...
All'infuori della Creazione e della Distruzione del mondo, tutte le iniziative sono egualmente senza valore.