Emil 57
LA VITA SENZA OGGETTO
Idee neutre con occhi aridi; sguardi smorti che tolgono alle cose ogni rilievo; autoauscultazioni che riducono i sentimenti a fenomeni di attenzione; vita evanescente, senza lacrime e senza riso - come inculcare in voi una linfa, una volgarità primaverile? E come sopportare questo cuore dimissionario, e questo tempo troppo svigorito per trasmettere ancora alle proprie stagioni il fermento della crescita e della dissoluzione?
Quando in ogni fede hai visto una sozzura e in ogni affetto una profanazione, non hai più il diritto di attendere, quaggiù o altrove, una sorte modificata dalla speranza. Bisogna che tu scelga un promontorio ideale, risibilmente solitario, o una stella da farsa, ribelle alle costellazioni. Irresponsabile per tristezza, la tua vita ha deriso i suoi istanti; ma la vita è pietà della durata, sentimento di un'eternità danzante, tempo che supera se stesso e rivaleggia con il sole...
ACEDIA
Questa stasi degli organi, questa ebetudine delle facoltà, questo sorriso pietrificato, non ti ricordano spesso la noia dei conventi, i cuori disertati da Dio, l'aridità e l'idiozia dei monaci che si esecrano nel trasporto estatico della masturbazione? Tu non sei altro che un monaco senza ipotesi divine e senza l'orgoglio del vizio solitario.
La terra e il cielo sono le pareti della tua cella, e nell'aria che nessun alito muove regna soltanto l'assenza di orazione. Votato alle ore vuote dell'eternità, alla periferia dei brividi e ai desideri ammuffiti che marciscono all'approssimarsi della salvezza, tu muovi verso un Giudizio universale senza fasti e senza trombe, mentre i tuoi pensieri, come unica solennità, non hanno immaginato altro che la processione irreale delle speranze.
Con l'aiuto delle sofferenze, le anime un tempo si libravano verso le volte; tu urti contro di esse. E ricadi nel mondo come in una Trappa senza fede, a vagabondare nel Viale, Ordine delle donne perdute - e della tua perdizione.
I MISFATTI DEL CORAGGIO E DELLA PAURA
Aver paura significa pensare continuamente a sé e non poter immaginare un corso obiettivo delle cose. La sensazione del terribile, la sensazione che tutto succeda contro di voi, presuppone un mondo concepito senza pericoli indifferenti. Il pauroso - vittima di una soggettività esagerata - si crede, assai più degli altri uomini, il bersaglio di avvenimenti ostili. In questo errore si incontra con il coraggioso, che, al contrario, vede l'invulnerabilità dappertutto. Entrambi hanno toccato gli estremi di una coscienza infatuata di se stessa: contro l'uno, tutto cospira; per l'altro, tutto è favorevole. (Il coraggioso è solo un fanfarone che sposa il rischio, che corre incontro al pericolo). L'uno si colloca al centro del mondo negativamente, l'altro positivamente; ma l'illusione è la stessa, dato che la loro conoscenza ha esattamente la stessa origine: il pericolo come unica realtà. L'uno lo teme, l'altro lo cerca: non riescono a concepire un disprezzo netto per le cose, mettono tutto in relazione con se stessi, sono troppo agitati (e tutto il male del mondo viene dall'eccesso di agitazione, dalle finzioni dinamiche del coraggio e della codardia). Sicché questi esemplari antinomici e uguali sono i fautori di tutti i disordini, i perturbatori del corso del tempo; colorano affettivamente ogni minimo avvenimento e proiettano i loro appassionati disegni su un universo che - salvo abbandonarsi a pacati disgusti - è degradante e intollerabile. Coraggio e paura: i due poli di una stessa malattia che consiste nell'attribuire indebitamente significato e gravità alla vita... è la mancanza di un'amarezza noncurante a far diventare gli uomini bestie settarie: i crimini più raffinati, come quelli più grossolani, sono perpetrati da coloro che prendono le cose sul serio. Solo il dilettante non ha gusto del sangue, lui solo non è scellerato.