Emil 64
FELICITà DEGLI EPIGONI
Esiste delizia più sottilmente equivoca dell'assistere alla rovina di un mito? Quale sperpero dei cuori per farlo nascere, quali eccessi di intolleranza per farlo rispettare, quale terrore per coloro che non lo accettano e quale dispendio di speranza per vederlo... spirare! L'intelligenza fiorisce soltanto nelle epoche in cui le convinzioni avvizziscono, i loro articoli e i loro precetti si allentano, le loro regole si ammorbidiscono. Ogni fine d'epoca è il paradiso dello spirito, che può ritrovare i suoi svaghi e i suoi estri soltanto dentro un organismo in pieno dissolvimento. Chi ha la disgrazia di appartenere a un periodo di creazione e di fecondità ne subisce i limiti e le consuetudini; schiavo di una visione unilaterale, è chiuso dentro un orizzonte ristretto. I momenti storici più fertili furono anche quelli più irrespirabili; si imponevano come una fatalità, benefica per uno spirito ingenuo, letale per un amante degli spazi intellettuali. La libertà non trova respiro se non fra gli epigoni disillusi e sterili, nelle menti delle epoche di decadenza, quelle in cui lo stile si disgrega e ispira tutt'al più un compiacimento ironico.
Far parte di una chiesa incerta del suo dio - che un tempo essa impose con il fuoco e con il sangue - dovrebbe essere l'ideale di tutti i begli ingegni. Quando un mito diventa languido e diafano, e l'istituzione da cui è sostenuto si fa clemente e compresiva i problemi acquistano una elasticità piacevole. L'intiepidirsi di una fede, l'affievolirsi della sua forza instaurano negli animi un dolce vuoto e li rendono ricettivi, senza tuttavia permettere loro di continuare a illudersi davanti alle superstizioni che minacciano e incupiscono l'avvenire. A cullare lo spirito sono soltanto queste agonie della storia che precedono l'insania di ogni aurora...