Emil 71


LIPEMANIA

Perché non hai la forza di sottrarti all'obbligo di respirare? Perché subisci ancora quest'aria solidificata che ti blocca i polmoni e preme contro la tua carne? Come vincere queste speranze opache e queste idee pietrificate, quando, di volta in volta, tu imiti la solitudine di una roccia o l'isolamento di uno sputo rappreso sui margini del mondo? Sei più lontano da te stesso che da un pianeta non ancora scoperto, e i tuoi organi, rivolti verso i cimiteri, ne invidiano il dinamismo...
Tagliarti le vene per inondare questo foglio che ti irrita come ti irritano le stagioni? Ridicolo tentativo! Il tuo sangue, scolorito dalle notti bianche, non scorre più... Niente risveglierà in te la sete di vivere e di morire, spenta degli anni, bandita per sempre da quelle sorgenti senza mormorio né bellezza a cui si abbeverano gli uomini. Aborto dalla labbra aride e mute, resterai al di là del rumore della vita e della morte, al di là perfino del rumore delle lacrime...

(La vera grandezza dei santi consiste in quel potere - insuperabile fra tutti - di vincere la Paura del Ridicolo. Noi non siamo capaci di piangere senza vergognarcene; loro invece invocano il "dono delle lacrime". La preoccupazione del decoro delle nostre "aridità" ci immobilizza in spettatori del nostro infinito amaro e compresso, delle nostre lacrime che non sgorgano. Eppure la funzione degli occhi non è quella di vedere, ma di piangere; e per vedere realmente, dobbiamo chiuderli: questa è la condizione dell'estasi, della sola visione rivelatrice, mentre la percezione si esaurisce nell'orrore del déjà vu, di un irreparabile risaputo.
In colui che ha presagito gli inutili disastri del mondo e che dal sapere ha tratto soltanto la conferma di un disincanto innato, gli scrupoli che lo dissuadono dal piangere accentuano la predestinazione alla tristezza. E se in qualcche maniera invidia le gesta dei santi, non è tanto per il loro disprezzo delle apparenze o per la loro sete di trascendenza, quanto piuttosto per la loro vittoria su quella paura del ridicolo a cui egli non può sottrarsi e che lo trattiene al di qua della sconvenienza soprannaturale delle lacrime).