Emil 74
L'UNIVERSO FUORI MODA
Nell'universo verbale il processo di invecchiamento segue un ritmo molto più accellerato che nell'universo materiale.
Se le parole, troppo ripetute, si estenuano e muoiono, la monotonia costituisce invece la legge della materia. Allo spirito occorrerebbe un dizionario infinito, ma i suoi mezzi sono limitati a pochi vocaboli resi triviali dall'uso. Ecco perchè il nuovo, che esige combinazioni strane, obbliga le parole a funzioni impreviste: l'originalità si riduce alla forzatura dell'aggettivo e a una suggestiva improprietà della metafora. Mettete le parole al loro posto: avrete il cimitero quotidiano della Parola. Ciò che in una lingua è consacrato ne costituisce la morte: una parola prevista è una parola defunta; soltanto il suo impiego artificiale le infonde un vigore nuovo, nell'attesa che la gente la adotti, la logori e la imbratti. Lo spirito è prezioso o non è, mentre la natura si abbandona alla semplicità dei suoi mezzi, sempre gli stessi.
Ciò che chiamiamo la nostra vita distinguendola dalla vita in genere è un'incessante creazione di mode per mezzo della parola maneggiata artificialmente; è una proliferazione di futilità, senza le quali saremmo costretti a spirare in uno sbadiglio che inghiottirebbe la storia e la materia. Se l'uomo inventa fisiche nuove, non è tanto per giungere a una spiegazione plausibile della natura, quanto piuttosto per sfuggire alla noia dell'universo convenuto, abituale, volgarmente irriducibile, al quale egli attribuisce arbitrariamente tante dimensioni quanti sono gli aggettivi da noi proiettati su una cosa inerte che siamo stanchi di vedere e di subire quale era vista e subita dalla stupidità dei nostri antenati o dei nostri immediati predecessori.
Guai a chi, avendo capito questa mascherata, se ne allontana! Avrà calpestato il segreto della sua vitalità - e andrà a raggiungere la verità immobile e senza orpelli di coloro nei quali si sono prosciugate le fonti della Preziosità e il cui spirito si è svigorito per mancanza di artifici.
(è più che legittimo figurarsi il momento in cui la vita passerà di moda, in cui cadrà in disuso come la luna o la tubercolosi dopo gli abusi romantici: essa andrà a coronare l'anacronismo dei simboli denudati e delle malattie smascherate; tornerà a essere se stessa: un male senza attrattive, una fatalità senza splendore. Ed è anche troppo prevedibile il momento in cui nessuna speranza sorgerà più dai cuori, la terra sarà glaciale come le creature e nessun sogno verrà più ad abbellire la sterile immensità. L'umanità si vergognerà a generare quando vedrà le cose come sono. La vita senza la linfa degli equivoci e delle lusinghe, la vita che smette di essere una moda non troverà clemenza presso il tribunale dello spirito. Ma, dopo tutto, anche lo spirito svanirà: esso non è che un pretesto nel nulla, così come, nel nulla, la vita non è che un pregiudizio. La storia si regge fino a quando, al di sopra delle sue mode transitorie, di cui gli avvenimenti sono l'ombra, una moda più generale incombe come un invariante; ma quando tale invariante si rivelerà a tutti un semplice capriccio, quando la cognizione dell'errore diverrà un bene comune e una verità unanime, dove mai troveremo l'energia per generare, o anche solo per abbozzare un atto, il simulacro di un gesto? In virtù di quale arte potremo sopravvivere ai nostri istinti chiaroveggenti e ai nostri cuori lucidi? In virtù di quale prodigio riusciremo a rianimare una tentazione futura in un universo fuori moda?).