Emil 102
IL RIFIUTO DI PROCREARE
Colui che, avendo consumato i propri appetiti, si avvicina a una forma limite di distacco, non vuole più perpetuare se stesso; detesta sopravvivere in un altro, al quale d'altronde non avrebbe più niente da trasmettere; la specie lo sgomenta: è un mostro - e i mostri non generano più. L' "amore" continua ad affascinarlo: un'aberrazione in mezzo ai suoi pensieri. Egli vi cerca un pretesto per ritornare alla condizione comune, ma il figlio gli sembra inconcepibile, come la famiglia, come l'eredità, come le leggi della natura. Senza professione né discendenza, egli attua
- ultima ipostasi - il proprio compimento. Ma, per quanto lontano sia dalla fecondità, è superato da un mostro ben più audace: il santo, esempio insieme fascinoso e ripugnante, rispetto al quale ci si trova sempre a mezza strada e in una posizione falsa; la sua, per lo meno, è chiara: più nessun gioco è possibile, più nessun dilettantismo. Giunto sulle cime dorate dei propri disgusti, agli antipodi della Creazione, il santo ha fatto del proprio nulla un'aureola. La natura non ha mai conosciuto una simile calamità: dal punto di vista della perpetuazione egli segna una fine assoluta, un epilogo radicale. Essere tristi, come Léon Bloy, perchè non siamo santi, significa desiderare la sparizione dell'umanità... in nome della fede! Quanto sembra invece positivo il diavolo, che, costringendosi a inchiodarci alle nostre imperfezioni, opera - suo malgrado, tradendo la propria essenza - per la nostra conservazione! Sradicate i peccati: la vita appassisce bruscamente. Le follie della procreazione svaniranno un giorno - per stanchezza piuttosto che per santità. Più che per aver teso alla perfezione l'uomo si esaurirà per essersi dissipato: assomiglierà allora a un santo vuoto, e sarà altrettanto lontano dalla fecondità della natura di quanto lo è questo modello di compimento e di sterilità.
L'uomo procrea soltando restando fedele al destino generale. Se si avvicina all'essenza del demonio o dell'angelo, diventa sterile o produce aborti. Per Raskol'nikov, per Ivan Karamazov o Stavrogin l'amore non è più che un pretesto per accellerare la loro perdita e questo stesso pretesto viene meno per Kirillov, il quale non si misura più con gli uomini, ma con Dio. Quanto all'Idiota o ad un Alesa, il fatto che l'uno scimmiotti Gesù e l'altro gli angeli colloca immediatamente entrambi fra gli impotenti...
Ma sottrarsi alla catena degli esseri umani e rifiutare l'idea di ascendenza o di posterità non significa tuttavia rivaleggiare con il santo, il cui orgoglio supera ogni dimensione terrestre. In effetti, dietro la decisione con la quale si rinuncia a tutto, dietro l'incommensurabile impresa di questa umiltà si cela un'effervescenza demoniaca: il punto iniziale, l'avvio della santità assume l'aspetto di una sfida rivolta alla specie; successivamente il santo ascende la scala della perfezione, incomincia a parlare d'amore, di Dio, si volge verso gli umili, incuriosisce le folle - e ci irrita. Ciò non toglie che egli ci abbia lanciato il guanto...
L'odio della "specie" e del suo "genio" rende simili agli assassini, ai dementi, alle divinità e ai tutti i grandi sterili. A partire da un certo grado di solitudine, bisognerebbe cessare di amare e di compiere l'affascinante sozzura dell'accoppiamento. Chi vuole perpetuare se stesso a ogni costo si distingue a malapena dal cane: è ancora natura; non capirà mai che si possa subire il dominio degli istanti e ribellarsi a essi, godere dei vantaggi della specie e disprezzarli: fin de race - con appetiti... Ecco il conflitto di chi adora e abomina la donna, supremamente indeciso fra l'attrazione e il digusto che ella ispira. Perciò - incapace di rinnegare totalmente la specie - risolve questo conflitto sognando, sopra un seno, il deserto, e mescolando al tanfo di troppo concreti sudori un profumo di chiostro. Le insincerità della carne lo avvicinano ai santi...
Solitudine dell'odio... Sensazione di un dio volto alla distruzione, un dio che calpesta le sfere, sbava sull'azzurro e sulle costellazioni, un dio frenetico, sudicio e malsano - demiurgia che proietta, attraverso lo spazio, paradisi e latrine; cosmogonia da delirium tremens: apoteosi convulsiva in cui il fiele corona gli elementi... Le creature si protendono verso un archetipo di laidezza e agognano un ideale di deformità... Universo del ghigno, giubilo della talpa, della iena e del pidocchio... Non c'è più orizzonte, se non per i mostri e la canaglia. Tutto si avvia verso la turpitudine e la cancrena: questo globo che suppura mentre i viventi mostrano le loro piaghe sotto i raggi di quel cancro luminoso...