Emil 79



II

Io riconosco un vero poeta dal fatto che frequentandolo, vivendo a lungo nell'intimità della sua opera, qualcosa si modifica in me: non tanto le mie inclinazioni o i miei gusti, quanto il mio stesso sangue, come se un male sottile vi si fosse insinuato per alterarne il flusso, lo spessore e la qualità. Valery o Stefan George ci lasciano là dove li avevamo incontrati, oppure ci rendono più esigenti sul piano formale dello spirito: sono geni di cui non abbiamo bisogno, non sono che degli artisti. Ma uno Shelley, un Baudelaire, un Rilke agiscono nel più profondo del nostro organismo, che li assorbe come farebbe con un vizio. Accanto a loro, un corpo si fortifica, poi si infiacchisce e si disgrega. Perchè il poeta è un fattore di distruzione, un virus, una malattia mascherata ed è il pericolo più grave, seppure  meravigliosamente indefinito, per i nostri globuli rossi. Vivere accanto a lui significa sentire il sangue impoverirsi, significa sognare un paradiso dell'anemia e udire, nelle vene, scorrere le lacrime...