Emil 87
VOLTI DELLA DECADENZA
Una civiltà comincia a decadere nel momento stesso in cui la Vita diventa la sua unica ossessione. Le epoche di apogeo coltivano i valori per se stessi: la vita non è che un mezzo per realizzarli; l'individuo non sa di vivere, vive - schiavo felice delle forme che genera, coltiva e idolatra. L'affettività lo domina e lo riempie. Non si dà creazione senza le risorse del "sentimento", che sono limitate; tuttavia per chi ne avverte solo la ricchezza, esse sembrano inesauribili: questa illusione produce la storia. Nella decadenza, l'inaridimento affettivo permette solo due modi di sentire e di comprendere: la sensazione e l'idea. Ora, proprio in virtù dell'affettività ci si consacra al mondo dei valori, si proietta una vitalità nelle categorie e nelle norme. L'attività di una civiltà nei suoi momenti fecondi consiste nel far uscire le idee dalla loro astratta incosistenza, nel trasformare i concetti in miti. Il passaggio dell'individuo anonimo all'individuo cosciente non si è ancora compiuto: eppure è inevitabile. Giudicate voi stessi: in Grecia, da Omero ai sofisti; a Roma, dall'antica Repubblica austera alle "saggezze" dell'Impero; nel mondo moderno, dalle cattedrali ai merletti del XVIII secolo.
Una nazione non può creare indefinitamente. è chiamata a dare senso ed espressione a una somma di valori che si esauriscono con l'anima che li ha generati. Il cittadino si risveglia da un'ipnosi produttiva: incomincia il regno della lucidità; le masse maneggiano ormai solo vuote categorie. I miti ridiventano concetti: è la decadenza. E le conseguenze si fanno sentire: l'individuo vuole vivere, converte la vita in finalità, si innalza al rango di piccola eccezione. Il bilancio di queste eccezioni, che costituisce il deficit di una civiltà, ne prefigura la scomparsa. Tutti giungono alla raffinatezza - ma non è proprio la radiosa stupidità dei semplici a realizzare l'opera delle grandi epoche?