Emil 89
Meditare le proprie sensazioni - sapere che si mangia: è una presa di coscienza grazie alla quale un atto elementare oltrepassa il suo fine immediato. Accanto al disgusto intellettuale se ne sviluppa un altro, più profondo e più pericoloso: provenendo dalle viscere, esso giunge alla forma più grave di nichilismo, il nichilismo della sazietà. Le considerazioni più amare non possono essere paragonate, nei loro effetti, alla visione che segue a un banchetto opulento. Ogni pasto che duri più di pochi minuti e consista di un numero di portate superiore allo stretto necessario disgrega le nostre certezze. L'abuso culinario e la sazietà distrussero l'Impero più spietatamente di quanto non fecero le sètte orientali e le dottrine greche male assimilate. Non si prova un vero brivido di scetticismo se non intorno a una tavola riccamente imbandita. Il "Regno dei Cieli" doveva presentarsi come una tentazione dopo tanti eccessi, o come una sorpresa deliziosamente perversa nella monotonia della digestione. La fame cerca nelle religione una via di salvezza; la sazietà, un veleno. "Salvarsi" con dei virus e, senza più distinguere tra vizio e preghiera, fuggire il mondo e abbandonarvisi nello stesso atto: ecco il cumulo di amarezze dell'alessandrinismo.