Emil 97
Sentire il peso della storia, il fardello del divenire e quell'accasciamento sotto il quale la coscienza si piaga quando considera la massa e l'inanità degli avvenimenti trascorsi o possibili... La nostalgia invoca inutilmente uno slancio ignaro delle lezioni che si traggono da tutto ciò che è stato: vi è una spossatezza per la quale il futuro stesso è un cimitero, un cimitero virtuale come tutto ciò che attende di essere.
I secoli si sono appesantiti e opprimono l'istante.
Siamo più marci di tutte le età, più decomposti di tutti gli imperi. La nostra prostrazione interpreta la storia, il nostro affanno ci permette di sentire i rantoli delle nazioni.
Attori clorotici, ci prepariamo a recitare parti da comprimari nelle repliche del tempo: il sipario dell'universo è tarmato , attraverso i suoi buchi non si vedono che maschere e fantasmi...
L'errore di coloro che colgono la decadenza è di volerla combattere, mentre bisognerebbe incoraggiarla: sviluppandosi, essa si esaurisce e permette l'avvento di altre forme. Il vero annunziatore non è colui che propone un sistema quando nessuno lo vuole, ma colui che precipita il Caos, ne è l'agente e il turiferario. è volgare strombazzare dogmi in epoche estenuate, quando ogni sogno di avvenire sembra delirio o impostura. Avviarsi verso la fine della storia con un fiore all'occhiello - unico contegno dignitoso nello svolgimento del tempo. Peccato che non ci sia un Giudizio universale, che manchi l'occasione di una grande sfida! I credenti: istrioni dell'eternità; la fede: bisogno di una scena intemporale... Ma noi increduli moriamo con i nostri scenari, troppo stanchi per lasciarci lusingare da fasti promessi ai nostri cadaveri...