Emil 106
SPAGNA
Ogni popolo trasferisce nel divenire, a suo proprio modo, gli attributi divini; l'ardore della Spagna però rimane unico; se esso fosse stato condiviso dal resto del mondo, Dio sarebbe esaurito, spossessato e vuoto di Se stesso. Ed è proprio per non scomparire che egli, nei suoi paesi, fa prosperare - per autodifesa - l'ateismo. Avendo paura dei fervori che ha ispirato, reagisce contro i propri figli, contro la loro frenesia che lo sminuisce; il loro amore scuote il suo potere e la sua autorità; soltanto l'incredulità lo lascia intatto; non sono i dubbi che lo logorano, ma la fede. Da secoli la Chiesa trivializza il suo prestigio, e rendendolo accessibile gli prepara, grazie alla teologia, una morte senza enigmi, un'agonia commentata, delucidata: oppresso sotto il peso delle preghiere, come potrebbe non esserlo sotto quello delle spiegazioni? Egli teme la Spagna come teme la Russia: e vi moltiplica gli atei. I loro attacchi gli fanno almeno conservare ancora l'illusione dell'onnipotenza: è pur sempre un attributo salvato. Ma i credenti! Dostoevskij, El Greco: ha egli mai avuto nemici più febbrili? E come potrebbe non preferire Baudelaire a san Giovanni della Croce? Egli teme quelli che lo vedono e quelli attraverso i quali Egli vede.
Ogni forma di santità è più o meno spagnola: se Dio fosse un ciclope, la Spagna sarebbe il suo occhio.