Emil 111



LA CROCE INCLINATA

Guazzabuglio sublime, il cristianesimo è troppo profondo - e soprattutto troppo impuro - per durare ancora: ha i secoli contati.
Gesù diventa ogni giorno più insipido; i suoi precetti, come la sua dolcezza, irritano; i suoi miracoli e la sua divinità fanno sorridere. La Croce pencola: da simbolo torna a essere materia... e rientra nell'ordine della decomposizione in cui periscono senza eccezione le cose indegne come quelle onorabili. Due millenni di successo! Rassegnazione stupefacente da parte dell'animale più irrequieto... Ma la nostra pazienza è esaurita. L'idea che ho potuto - come tutti - essere sinceramente cristiano, fosse anche per un solo secondo, mi getta nello smarrimento. Il Salvatore mi annoia. Sogno un universo immune da intossicazioni celesti, un universo senza croce né fede. Come non prevedere il momento in cui non vi sarà più religione, in cui l'uomo, chiaro e vuoto, non disporrà più di nessuna parola per designare i suoi abissi? - L'Ignoto sarà altrettanto scialbo del noto; tutto sarà privo di interesse e di sapore. Sulle rovine della Conoscenza, una letargia sepolcrale farà di noi tutti degli spettri, eroi lunari dell'Incuriosità...

TEOLOGIA

Sono di buon umore: Dio è buono; sono triste: Dio è cattivo; indifferente: è neutro. I miei stati d'animo gli conferiscono attributi corrispondenti: quando amo il sapere, egli è onnisciente, e quando adoro la forza, è onnipotente. Mi sembra che le cose esistano? Egli esiste. Ma paiono illusorie? Sparisce. Mille argomenti lo sostengono, mille lo demoliscono; se i miei entusiasmi lo animano, le mie collere lo soffocano. Non potremmo creare un'immagine più mutevole: lo temiamo come un mostro e lo schiacciamo come un insetto; lo idolatriamo: è l'Essere; lo respingiamo: è il Nulla. La preghiera, se anche dovesse soppiantare la Gravitazione, non riuscirebbe a garantirgli una durata universale: resterebbe sempre in balìa delle nostre ore. Il suo destino ha voluto che fosse immutabile solo agli occhi degli ingenui o dei ritardati. Un esame lo rivela: causa inutile, assoluto insensato, patrono dei babbei, passatempo dei solitari, fuscello o fantasma a seconda che diventa il nostro spirito oppure ossessioni le nostre febbri.
Se sono generoso, si gonfia di attributi; se sono esacerbato, è carico d'assenza. L'ho vissuto in tutte le sue forme: non resiste né alla curiosità né alla ricerca: il suo mistero, il suo infinito si svilisce; il suo splendore si appanna; le sue malie si attenuano. è un abito logoro di cui bisogna spogliarsi: come avvolgerci ancora in un Dio cencioso? La sua degradazione, la sua agonia, si protrae attraverso i secoli, ma Egli non sopravviverà a noi, sta invecchiando: i suoi rantoli precederanno i nostri. Una volta esauriti i suoi attributi, nessuno avrà più l'energia di fabbricargliene di nuovi; e la creatura, che li ha assunti e poi respinti, andrà a raggiungere nel nulla la sua più alta innovazione: il suo creatore.