Emil 132



NEL SEGRETO DEI MORALISTI

Quando abbiamo riempito l'universo di tristezza, non ci resta altro, se vogliamo ravvivare lo spirito, che la gioia, l'impossibile, la rara, la folgorante gioia; ed è proprio quando non speriamo più che subiamo la fascinazione della speranza: la Vita - dono offerto ai vivi da coloro che sono ossessionati dalla morte... Poiché l'orientamento dei nostri pensieri non è quello dei nostri cuori, coltiviamo un'inclinazione segreta verso tutto ciò che calpestiamo. Se uno rileva lo scricchiolio della macchina del mondo è perchè ha troppo sognato le risonanze delle sfere celesti: non potendo udirle, si umilia ad ascoltare soltanto il baccano circostante. Le parole amare emanano da una sensibilità esulcerata, da una delicatezza ferita. Il veleno di un La Rochefoucauld o di uno Chamfort fu la rivincita che essi si presero contro un mondo fatto per i bruti. Ogni amarezza nasconde una vendetta e si traduce in un sistema: il pessimismo è la crudeltà dei vinti che non possono perdonare alla vita di aver ingannato le loro attese.

L'allegria che vibra colpi mortali... la giocosità che dissimula il pugnale sotto un sorriso... Penso a certi sarcasmi di Voltaire, a certe repliche di Rivarol, alle battute sferzanti di Madame du Deffand, al sogghigno che trapela dietro tanta eleganza, alla leggerezza aggressiva dei salotti, alle arguzie che divertono e che uccidono, all'asprezza che è racchiusa in un eccesso  di civiltà... E penso a un moralista ideale - una combinazione di slancio lirico e di cinismo -, esaltato e glaciale, diffuso e incisivo, vicino alle Reveries quanto alle Liaisons dangereuses, o capace di fondere in sé Vauvenargues e Sade, il tatto e l'inferno...
Osservatore dei costumi su se stesso, non avendo bisogno di attingere altrove, la minima attenzione che rivolgesse a sé gli svelerebbe le contraddizioni della vita, di cui rifletterebbe tutti gli aspetti così bene che, per la vergogna di essere un semplice doppione, essa svanirebbe...

Non c'è attenzione il cui esercizio non conduca a un atto di annientamento: è la fatalità dell'osservazione, con tutti gli inconvenienti che ne derivano per l'osservatore, dal moralista classico fino a Proust. Tutto si dissolve sotto l'occhio scrutatore: le passioni, i legami a tutta prova, gli entusiasmi sono proprio degli spiriti semplici, fedeli agli altri e a se stessi.
Una traccia di lucidità nel "cuore" ne fa la sede di sentimenti finti, trasforma l'innamorato in Adolphe e l'insoddisfatto in René.Chi ama non esamina l'amore, chi agisce non medita sull'azione: se studio il mio "prossimo" è perchè ha cessato di esserlo, e io non sono più "io" se mi analizzo: divento oggetto, allo stesso titolo degli altri. Il credente che soppesa la propria fede finisce col mettere Di sulla bilancia e salvaguardare il proprio fervore soltanto per timore di perderlo. Situato agli antipodi dell'ingenuità, dell'esistenza integra e autentica - il moralista si esaurisce in un faccia a faccia con se stesso e gli altri: commediante, microcosmo di sottintesi, non tollera l'artificio che gli uomini, per vivere, accettano spontaneamente e incorporano nella loro natura. Tutto gli sembra convenzione: egli svela i moventi dei sentimenti e degli atti, smaschera i simulacri della civiltà in quanto soffre di averli intravisti e sorpassati: giacché questi simulacri fanno vivere, sono la vita, mentre la sua esistenza, contemplandoli, si perde nella ricerca di una "natura" che non esiste e che, se anche esistesse, gli sarebbe altrettanto estranea degli artifici che a essa sono stati aggiunti. Ogni forma di complessità psicologica ridotta ai suoi elementi, spiegata a sezionata, comporta un'operazione assai più nefasta per l'operatore che per la vittima. Liquidiamo i nostri sentimenti se ne seguiamo i meandri, come i nostri slanci se ne spiamo la traiettoria; quando poi consideriamo nei particolari gli impulsi degli altri, non sono loro a smarrirsi per via... Tutto quello a cui non si partecipa sembra irragionevole; ma coloro che si muovono non possono non avanzare, mentre l'osservatore da qualunque parte si volga, registra il loro inutile trionfo soltanto per scusare la propria sconfitta. Il fatto è che non c'è vita se non nella disattenzione alla vita.