Emil 134
I MIEI EROI
Quando si è giovani, ciascuno di noi ha i suoi eroi. Io ho avuto i miei: Heinrich von Kleist, Karoline von Günderode, Gérard de Nerval, Otto Weininger... Ebbro del loro suicidio, avevo la certezza che essi soltanto erano andati sino in fondo; che avevano tratto, nella morte, la conclusione giusta del loro amore contrariato o appagato, del loro spirito incrinato o della loro convulsione filosofica. Il fatto che un uomo sopravvivesse alla propria passione bastava a rendermelo spregevole o abietto: come dire che ritenevo superflua l'intera umanità, giacché scoprivo in essa un numero infimo di grandi decisioni, e un tale compiacimento nell'invecchiare che io me ne distoglievo, risoluto a farla finita prima di arrivare alla trentina. Ma a mano a mano che gli anni passavano, perdevo l'orgoglio della giovinezza: ogni giorno, come una lezione di umiltà, mi ricordava che ero ancora vivo, che tradivo i miei sogni fra gli uomini putrefatti di vita. Sfinito dall'attesa di non essere più, consideravo un dovere trapassarsi le carni quando l'aurora spunta su una notte d'amore, e una volgarità senza nome avvilire con la memoria un eccesso di sospiri. O, in altri momenti, come insultare ancora la durata con la propria presenza, quando si è afferrato tutto in una dilatazione che innalza l'orgoglio sul trono dei cieli? Pensavo allora che il solo atto che un uomo potesse compiere senza vergogna fosse quello di togliersi la vita, e che nessuno avesse il diritto di sminuirsi nella successione dei giorni e nell'inerzia dell'infelicità. Non ci sono eletti, mi ripetevo, al di fuori di quelli che si danno la morte. Ancora oggi stimo di più un portinaio che si impicca di un poeta vivo. L'uomo beneficia di una dilazione del suicidio: ecco la sua sola gloria, la sua sola scusa. Ma egli non ne è cosciente, e taccia di viltà il coraggio di coloro che osarono elevarsi con la morte al di sopra di se stessi. Noi siamo legati gli uni agli altri dal tacito patto di andare avanti fino all'ultimo respiro; tuttavia questo patto, che cementa la nostra solidarietà, ci condanna: l'intera nostra razza ne è infamata. Non c'è salvezza fuori del suicidio. Strano a dirsi, la morte, benché eterna, non è entrata nei costumi: solo realtà, essa tuttavia non può diventare moda. Così, in quanto vivi, siamo tutti antiquati...