Emil 135
I SEMPLICI DI SPIRITO
Osservate l'accento con cui un uomo pronuncia la parola "verità", l'inflessione di sicurezza o di riserva che vi mette, l'aria di chi ci crede o di chi ne dubita, e sarete informati sulla natura delle sue opinioni e sulla qualità del suo spirito. Non c'è parola più vuota; e tuttavia gli uomini se ne fanno un idolo e ne trasformano il nonsenso in un criterio e insieme in uno scopo del pensiero. Questa superstizione - che scusa l'uomo comune e squalifica il filosofo - deriva dall'intrusione della speranza nella logica. Ci viene ripetuto che la verità è inaccessibile, eppure bisogna cercarla, tendere ad essa, sforzarsi di raggiungerla. Ecco una restrizione che non ci distingue da coloro che affermano di averla trovata: l'importante è credere che la verità sia possibile - possederla o aspirare ad essa sono due atti che derivano da un medesimo atteggiamento. Di una parola come di un'altra facciamo un'eccezione: terribile usurpazione del linguaggio! Io considero semplice di spirito chiunque parli della Verità con convinzione: il fatto è che ha in serbo delle maiuscole, e se ne serve ingenuamente, senza frode né disprezzo. Per quanto riguarda il filosofo, il suo minimo cedimento a questa idolatria lo smaschera: in lui il cittadino trionfa sul solitario. La speranza che emerge da un pensiero, questo rattrista o fa sorridere... è un'indecenza mettere troppa anima nelle grandi parole: la puerilità di ogni forma di entusiasmo per la conoscenza... Ed è tempo che la filosofia, gettando il discredito sulla Verità, si emancipi da tutte le maiuscole.