Emil 141
FRA I PEZZENTI
Per consolarmi dei rimorsi dell'accidia, imbocco la via dei bassifondi, impaziente di avvilirmi e incanaglirmi. Conosco questi straccioni magniloquenti, puzzolenti, ghignanti; immergendomi nel loro luridume, godo del loro alito fetido non meno che del loro brio. Spietati con chi ha avuto successo, il loro genio del non far niente suscita ammirazione, benché lo spettacolo che offrono sia il più triste del mondo: poeti senza talento, puttane senza clienti, uomini d'affari senza denaro, amanti senza ghiandole, inferno di donne che nessuno vuole... Ecco infine, mi dico, il compimento negativo dell'uomo, eccolo a nudo quell'essere che pretende di avere un'ascendenza divina, miserabile falsario dell'assoluto...
Proprio a questo doveva arrivare, a quest'immagine che gli somiglia, fango a cui mai alcun dio ha posto mano, bestia che nessun angelo altera, infinito generato fra i grugniti, anima sorta da uno spasmo... Contemplo la sorda disperazione, degli spermatozoi giunti al loro termine, questu volti funebri della specie. Mi rassicuro: ho ancora molta strada da fare... Poi, ho paura: cadrò anch'io tanto in basso? E odio questa vecchia sdentata, questo rimatore senza versi, questi impotenti nell'amore e negli affari, questi modelli del disonore dello spirito e della carne...
Gli occhi dell'uomo mi abbattono; ho voluto attingere dal contatto con questi relitti una rinnovata fierezza: ne riporto un brivido simile a quello che proverebbe un vivo che, per rallegrarsi di non essere morto, facesse lo sbruffone in una bara...