Emil 143
VERITà DI TEMPERAMENTO
Di fronte a pensatori sprovvisti di pathos, di carattere e d'intensità che si modellano sulle forme del loro tempo, ce ne sono altri nei quali si avverte che, in qualsiasi momento fossero apparsi, sarebbero stati eguali a se stessi e che, incuranti della loro epoca, avrebbero attinto i pensieri nella loro sostanza profonda, nell'eternità specifica delle loro tare. Essi non mutuano dal loro ambiente se non la superficie, alcune particolarità di stile, alcune forme caratteristiche di una data evoluzione. Innamorati della loro fatalità, evocano irruzioni, folgorazioni tragiche e solitarie, prossime all'apocalisse e alla psichiatria. Un Kierkegaard, un Nietzsche - fossero anche comparsi nell'epoca più anodina - non avrebbero avuto un'ispirazione meno fremente né meno incendiaria. Entrambi perirono nelle loro fiamme; qualche secolo prima sarebbero periti in quelle del rogo: di fronte alle verità generali, erano predestinati all'eresia. Importa poco essere inghiottiti nel proprio fuoco oppure in quello che ti viene preparato: le verità di temperamento si devono pagare in un modo o nell'altro. Le viscere, il sangue, i malesseri e i vizi cospirano a farle nascere. Impregnate di soggettività, si percepisce un io dietro ciascuna di esse: tutto diventa confessione - un grido della carne sta all'origine dell'interiezione più insignificante; perfino una teoria dall'apparenza impersonale serve soltanto a tradire l'autore, i suoi segreti, le sue sofferenze: non c'è universalità che non sia una sua maschera - tutto, perfino la logica, gli serve da pretesto autobiografico; il suo io ha infestato le idee, la sua angoscia si è trasformata in un criterio, nell'unica realtà.