Emil 144
LO SCORTICATO
Ciò che gli resta di vita gli sottrae ciò che gli resta di ragione. Inezie o flagelli - il passaggio di una mosca o i crampi del pianeta - lo allarmano allo stesso modo. Con i suoi nervi in fiamme, vorrebbe che la terra fosse di vetro per mandarla in frantumi; e con quale sete si lancerebbe verso le stelle per ridurle in polvere a una a una... Il crimine brilla nelle sue pupille; le sue mani si contraggono invano per strangolare: la Vita si trasmette come una lebbra - troppe creature per un solo assassino. è nella natura di chi non può uccidersi volersi vendicare di tutto ciò che si compiace di esistere. E si infastidisce di non riuscirci, come un dannato che l'impossibile distruzione irrita. Satana accantonato, egli piange, si batte il petto, si copre il capo; il sangue che avrebbe voluto spargere non gli imporpora le guance, il cui pallore riflette il suo disgusto per quella secrezione di speranze che producono le razze in cammino. Attentare ai giorni della Creazione era il suo grande sogno; vi rinuncia, sprofonda in sé e si lascia andare all'elegia del suo fallimento: da questo deriva un altro genere di eccessi. Se la sua pelle brucia, la febbre si propaga in tutto l'universo; se il suo cervello si attizza, l'aria diventa infiammabile. I suoi mali occupano le distese siderali; le sue pene fanno fremere i poli. E tutto ciò che è allusione all'esistenza, al più impercettibile soffio di vita, gli strappa un grido che compromette l'armonia delle sfere e il movimento dei mondi.