Emil 145
CONTRO SE STESSI
Lo spirito di un uomo non ci appassiona se non per le sue contraddizioni, per la tensione dei suoi impulsi, per il contrasto che c'è fra le sue opinioni e le sue inclinazioni. Marco Aurelio, impegnato in spedizioni lontane, medita di più sull'idea della morte che su quella dell'impero; Giuliano divenuto imperatore, rimpiange la vita contemplativa, invidia i saggi, e passa le notti a scrivere contro i cristiani; Lutero, con una vitalità da vandalo, sprofonda e langue nell'ossessione del peccato, senza trovare un equilibrio tra le sue finezze e la sua grossolanità; Rousseau, che si inganna sui propri istinti, vive soltanto nell'idea della propria sincerità; Nietzsche, la cui intera opera non è che un'ode alla forza, conduce una vita meschina, di una monotonia straziante...
Lo spirito di un uomo conta soltanto nella misura in cui si inganna su quello che vuole, su quello che ama o su quello che odia; poiché è molti, non può scegliersi. Un pessimista senza ebbrezze, un agitatore di speranze senza acredine non meritano altro che disprezzo. Degno del nostro interesse è soltanto chi non ha alcun riguardo per il proprio passato, per le convenienze, per la logica o per la considerazione: come possiamo amare un conquistatore, se non si immerge negli avvenimenti con un timore di fallimento, o un pensatore, se non ha vinto in sé l'istinto di conservazione? L'uomo ripiegato sulla propria inutilità non desidera più avere una vita...
Ne avesse una o non ne avesse affatto - ciò riguarderebbe gli altri... Apostolo dei propri ondeggiamenti, egli non si preoccupa più di avere un'identità ideale; il suo temperamento costituisce la sua sola dottrina, e il capriccio delle ore il suo solo sapere.