I Pensieri di Emil Cioran
Cioran, "Le Rivelazioni del Dolore"
Negli stati depressivi l'uomo si sente essenzialmente come separato dal mondo, come se formasse insieme a quell'astro una dualità irriducibile. Non è forse qui la fonte di quel senso di solitudine, quella sensazione di gettatezza e di abbandono alla morte? Ma prima di tutto perchè esiste il dolore? Sarebbe assurdo rispondere che gli uomini soffrono per comprendere il mondo, come se la sofferenza giustificasse la sua comparsa, la sua esistenza, in forza del suo potere di disvelamento del mondo. Se il cammino che conduce alla conoscenza è così doloroso, chiunque rinuncerebbe ad esso. Il dolore del mondo esiste a causa del carattere irrazionale, bestiale e demoniaco della vita, questa specie di vortice che divora se stesso nella propria tensione. La sofferenza è una negazione della vita racchiusa nella sua struttura immanente. Nel carattere demoniaco della vita è implicata una tendenza verso la negatività, la distruzione, che ostacola ed esaurisce lo slancio dell'imperialismo vitale. Contrariamente ad altre forme inconsce di autodistruzione della vita, quello che avviene attraverso il dolore è il notevole sviluppo della coscienza, il cui intensificarsi è inseparabile dal fenomeno della sofferenza. Poiché il principio demoniaco le è immanente, la vita annulla radicalmente qualsiasi speranza di purificazione possibile, qualsiasi spiritualizzazione in grado di convertire i suoi orientamenti in direzione di un piano ideale. Se la vita è un'immensa tragedia, lo si deve solo a questa immanenza demoniaca. Coloro che la negano e vivono come inebriati dall'aroma delle visioni paradisiache mostrano di essere organicamente incapaci di avvicinarsi consciamente alle radici della vita o al contrario sembrano essersene distolti per privarsi della prospettiva abissale del dramma. Nel dolore l'uomo passa attraverso i sensi.
(Brano tratto da "Lettere al Culmine della Disperazione")
Emil 150
QUOUSQUE EADEM?
Che sia maledetta per sempre la stella sotto la quale sono nato, che nessun cielo voglia proteggerla, che essa si sbricioli nello spazio come una polvere senza onore! E l'istante proditorio che mi precipitò fra le creature sia per sempre depennato dalle liste del Tempo! I miei desideri non possono più accordarsi con questa mescolanza di vita e di morte in cui si avvilisce quotidianamente l'eternità. Stanco del futuro, ne ho attraversato i giorni, e tuttavia sono tormentato dall'intemperanza di non so quale sete. Come un saggio infuriato, morto al mondo e scatenato contro di esso, sopprimo le mie illusioni soltanto per fomentarle meglio. Questa esasperazione in un universo imprevedibile - nel quale peraltro tutto si ripete - non avrà dunque mai un termine? Fino a quando dovremo ridire a noi stessi: "Esecro questa vita che idolatro?".
La nullità dei nostri deliri fa di noi tutti altrettanti dèi sottomessi a un'insipida fatalità. Perchè insorgere ancora contro la simmetria di questo mondo quando il Caos stesso non è altro che un sistema di disordini? Dato che il nostro destino è quello di marcire con i continenti e con le stelle, trascineremo, come malati rassegnati, e sino alla fine del tempo, la curiosità verso un epilogo previsto, spaventevole e vano.
Emil 149
PROCESSIONE DEI SOTTO-UOMINI
Uscito dalla propria strada e dai propri istinti, l'uomo è finito in un vicolo cieco. Ha bruciato le tappe... per raggiungere la propria fine; animale senza avvenire, si è impantanato nel suo ideale, si è perduto nel suo stesso gioco. Per aver voluto superarsi continuamente, si è paralizzato; e non gli resta altra risorsa che quella di ricapitolare le proprie follie, di espiarle e di commetterne altre...
Ad alcuni, tuttavia, questa stessa risorsa resta preclusa: "Disabituati a essere uomini," essi pensano "apparteniamo ancora a una tribù, a una razza, a una genia qualsivoglia? Finché avevamo ancora il pregiudizio della vita, sposavamo un errore che ci metteva sullo stesso piano con gli altri... Ma noi siamo usciti dalla specie... La chiaroveggenza, spezzando la nostra ossatura, ci ha ridotti a un'esistenza flaccida - marmaglia invertebrata che si stende sulla materia per insozzarla di bava. Eccoci fra i molluschi, eccoci giunti a quel termine ridicolo in cui paghiamo lo scotto di aver fatto cattivo uso delle nostre facoltà e dei nostri sogni... La vita non fu il nostro retaggio: anche nei momenti in cui ne eravamo ebbri, tutte le nostre gioie derivavano dagli slanci che ci trasportavano al di sopra di essa; vendicandosi, essa ci trascina verso i suoi bassifondi: processione dei sotto-uomini verso una sotto-vita..."
Emil 148
FISIONOMIA DI UN FALLIMENTO
Sogni mostuosi popolano le drogherie e le chiese: non vi ho sorpreso nessuno che non vivesse nel delirio. Poiché il più piccolo desiderio nasconde una fonte d'insania, è sufficiente conformarsi all'istinto di conservazione per meritare il manicomio. La vita: accesso di demenza che scuote la materia...
Io respiro: ce n'è abbastanza perchè mi si rinchiuda. Incapace di raggiungere la lucidità della morte, striscio nell'ombra dei giorni e se ancora sono è soltanto per la volontà di non essere più.
Un tempo immaginavo di poter frantumare lo spazio con un pugno, giocare con le stelle, fermare la durata o regolarla a mio capriccio. I grandi capitani mi sembravano grandi timidi; i poeti, poveri balbuzienti; non conoscendo la resistenza che ci oppongono le cose, gli uomini e le parole, e credendo di sentire più di quanto l'universo non lo permettesse, mi abbandonavo a un'infinità sospetta, a una cosmogonia sorta da una pubertà inetta a concludersi... Com'è facile credersi un dio con il cuore, e com'è difficile esserlo con la mente! E con quante illusioni devo essere nato per poterne perdere una ogni giorno! La vita è un miracolo che l'amarezza distrugge.
L'intervallo che mi separa dal mio cadavere è per me una ferita; tuttavia aspiro invano alle seduzioni della tomba: poiché non posso privarmi di nulla, né smettere di palpitare, tutto in me mi assicura che i vermi languirebbero sui miei istinti. Incompetente nella vita come nella morte, mi odio, e in questo odio sogno un'altra vita, un'altra morte. E, per aver voluto essere un saggio come non ve ne furono mai, sono solamente un folle tra i folli...
Emil 147
NOI TROGLODITI...
I valori non si accumulano: una generazione apporta qualcosa di nuovo solo calpestando quello che di unico vi era nella generazione precedente. Questo vale ancora di più per la successione delle epoche: il Rinascimento non ha potuto "salvare" la profondità, le chimere, il genere di barbarie propri del Medioevo; il secolo dei Lumi, a sua volta, non ha serbato del Rinascimento altro che il senso dell'universale, ma senza il pathos che ne segnava la fisionomia. L'illusione moderna ha sprofondato l'uomo nelle intermittenze del divenire: egli vi ha perduto il suo fondamento nell'eternità, la sua "sostanza". Ogni conquista - spirituale o politica - implica una perdita; ogni conquista è un'affermazione... micidiale. Nell'ambito dell'arte, il solo nel quale si possa parlare di vita dello spirito, un "ideale" non si instaura se non sulla rovina di quello che lo ha preceduto: ogni vero artista tradisce i suoi predecessori... Non c'è superiorità nella storia: repubblica-monarchia; romanticismo-classicismo; liberalismo-dirigismo;naturalismo-arte astratta; irrazionalismo-intellettualismo: le istituzioni, come le correnti del pensiero e del sentimento, si equivalgono. Una certa forma dello spirito non potrebbe assumerne un'altra; si è qualche cosa soltanto per esclusione: nessuno può conciliare l'ordine e il disordine, l'astrazione e l'immediatezza, lo slancio e la fatalità. Le epoche di sintesi non sono affatto creatrici: esse riassumono il fervore delle altre, ed è un riassunto confuso, caotico, dato che ogni eclettismo è un indizio della fine.
Ad ogni passo in avanti ne segue uno indietro: ecco l'infruttuosa frenesia della storia - questo divenire... stazionario... il fatto
che l'uomo si sia lasciato lusingare dal miraggio del Progresso rende ridicole le sue pretese di sottigliezza. Il Progresso? Lo si trova forse nell'igiene... Ma altrove? Nelle scoperte scientifiche? non sono che un cumulo di glorie nefaste...
Chi, in buona fede, potrebbe scegliere fra l'età della pietra e quella degli strumenti moderni? Vicini alla scimmia nell'una quanto nell'altra, diamo la scalata alle nuvole per gli stessi motivi per i quali ci arrampicavamo sugli alberi: soltanto i mezzi della nostra curiosità - pura o criminale - sono cambiati e, con riflessi travestiti, siamo più variamente rapaci. è un semplice capriccio accettare o rifiutare un periodo: dobbiamo accettare o rifiutare la storia in blocco. L'idea del progresso ci rende tutti dei fatui sulle vette del tempo, ma queste vette non esistono: il troglodita che tremava di spavento nelle caverne continua a tremare nei grattacieli. Il nostro capitale di infelicità si conserva intatto attraverso le epoche; abbiamo tuttavia un vantaggio rispetto ai nostri antenati: quello di aver investito meglio questo capitale, perchè abbiamo organizzato meglio il nostro disastro.
Emil 146
RESTAURAZIONE DI UN CULTO
Avendo consumato la mia qualità di uomo, niente mi è più di alcun profitto. Ovunque non scorgo altro che bestie da ideale che si imbrancano per belare le loro speranze... Quegli stessi che non vissero altrimenti, a che scopo si sarebbe concepita la "comunione" dei santi? ... Alla ricerca di un vero solitario, passo in rassegna le epoche e non trovo altro che il Diavolo... La ragione lo bandisce, il cuore lo implora... Spirito di menzogna, Principe delle tenebre, il Maledetto, il Nemico - come mi è dolce ricordare i nomi che infamarono la sua solitudine! E come lo ho caro da quando viene quotidianamente messo da parte! Potessi reintegrarlo nella sua condizione primitiva! Credo in lui con tutta la mia incapacità di credere. La sua compagnia mi è necessaria: l'essere solo va verso il più solo, verso il Solo... Mi faccio un obbligo di tendere verso di lui: il mio potere di ammirazione - per paura di restare inutilizzato - mi ci costringe. Eccomi dinanzi al mio modello: con la mia adesione punisco la mia solitudine colpevole di non essere totale e me ne fabbrico un'altra che la superi: è il mio modo di essere umile...
Si sostituisce Dio come si può: giacché ogni dio è buono, purchè perpetui nell'eternità il nostro desiderio di una solitudine capitale...
Emil 145
CONTRO SE STESSI
Lo spirito di un uomo non ci appassiona se non per le sue contraddizioni, per la tensione dei suoi impulsi, per il contrasto che c'è fra le sue opinioni e le sue inclinazioni. Marco Aurelio, impegnato in spedizioni lontane, medita di più sull'idea della morte che su quella dell'impero; Giuliano divenuto imperatore, rimpiange la vita contemplativa, invidia i saggi, e passa le notti a scrivere contro i cristiani; Lutero, con una vitalità da vandalo, sprofonda e langue nell'ossessione del peccato, senza trovare un equilibrio tra le sue finezze e la sua grossolanità; Rousseau, che si inganna sui propri istinti, vive soltanto nell'idea della propria sincerità; Nietzsche, la cui intera opera non è che un'ode alla forza, conduce una vita meschina, di una monotonia straziante...
Lo spirito di un uomo conta soltanto nella misura in cui si inganna su quello che vuole, su quello che ama o su quello che odia; poiché è molti, non può scegliersi. Un pessimista senza ebbrezze, un agitatore di speranze senza acredine non meritano altro che disprezzo. Degno del nostro interesse è soltanto chi non ha alcun riguardo per il proprio passato, per le convenienze, per la logica o per la considerazione: come possiamo amare un conquistatore, se non si immerge negli avvenimenti con un timore di fallimento, o un pensatore, se non ha vinto in sé l'istinto di conservazione? L'uomo ripiegato sulla propria inutilità non desidera più avere una vita...
Ne avesse una o non ne avesse affatto - ciò riguarderebbe gli altri... Apostolo dei propri ondeggiamenti, egli non si preoccupa più di avere un'identità ideale; il suo temperamento costituisce la sua sola dottrina, e il capriccio delle ore il suo solo sapere.
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